martedì 11 giugno 2013

Carlo Malatesta

Carlo Malatesta, come un solido ponte tra il suo leggendario padre Galeotto e il suo nipote famoso Sigismondo, come una parte imprescindibile affinchè l` architettura dei Malatesta consumi il suo destino, affinchè Orso il longobardo e il Mastin Vecchio da Verucchio attraversino i secoli con le generazioni dei discendenti, tutti riuniti nella sua carne, tutti presenti in lui affinchè la stirpe produca alla fine Sigismondo.... Lui, lo zio Carlo, non il padre e neppure il nonno, non Pandolfo III né Galeotto l` Ardito, lui sarà l` imprescindibile ......riconoscerà il protagonista, lo salverà dalla morte per annegamento nella corrente affinchè la storia si ripeta, lo sceglierà tra gli altri bastardi con la cieca e lucida certezza della specie, lo farà suo figlio adottivo fino al midollo piu` profondo, fino a lasciargli in eredità tutto quanto il suo patrimonio: Rimini, i suoi vassalli, i suoi frutteti, i suoi raccolti, le sue armi, i suoi libri e i suoi quadri, le sue speranze e l` esperienza dei suoi anni, la sua spada e il suo cavallo, sua moglie. Carlo, Carlo, zio Carlo, scenarista di lusso, ostetrico di gala, come rievocarti? Fosti il primo dei maschi che Berta Maria da Varano avrebbe dato al nonno, al sorpreso, felice e sessantenne Galeotto a meno di un anno dalle nozze e, anche se i tuoi fratelli avrebbero piu` tardi moltiplicato per quattro la sicurezza della successione malatestiana, il principe eri tu. Forse perchè è vero che non esiste padre piu` informale di un vecchio; forse perchè questo vecchio ti desiderava ormai lontano da ogni speranza, certo è che si scordò di ogni prescrizione imparata, rese anarchica la disciplina, per allevarti esclusivamente sotto l` occhio attento e assiduo del suo amore. Avresti potuto essere pertanto, un piccolo despota intrattabile, un adolescente attaccabrighe, un principe crudele. Ma nulla di tutto ciò faceva parte della tua natura affabile anche se taciturna e il travalicante amore che ti era prodigato non rovinò nè invili` le tue doti, anzi tutt`altro, si trasformò in motivo per la riflessione. Come il tuo maestro e modello Marco Aurelio, eri solito chiederti per quale causa una tal somma di propizie casualita` aveva presieduto al tuo destino, perchè la tua vita ti era stata offerta in circostanze cosi` immeritatamente favorevoli. Quando tuo padre mori`, eri ormai uno stoico e uno scettico che ben poco potevano illudere i fasti del potere. Avevi tre fratelli – due adolescenti e un bambino - , la signoria di Rimini per eredità e un compito da svolgere: vegliare sul sonno del figlio ancora non nato che ti attendeva all` altra punta della tua vita, il figlio di Pandolfo, che avresti fatto tuo affinchè venisse mantenuta la promessa, l` alto e breve volo dello sfortunato capitano. Se questo impegno non avesse giustificato, come giustificò, il tuo passaggio per il mondo, sarebbe bastata la tua sobria dignità quotidiana, lo sdegnoso uso che facesti della tua forza, la tua passione per la calligrafia e le porte scolpite, il tuo riguardo di fronte ai cavalli indomiti e alla crescita incontrollata delle piante, la tua buona volontà verso gli avversari, che preferivi non chiamare nemici, il tuo discorrere pacato punteggiato da aforismi e metafore, l` appoggio che desti alle confraternite degli artigiani, la tua indipendenza di fronte al papa e all` imperatore che servisti a turno senza adularli, la saggia scelta di vitigni per migliorare il vino della tua terra, la pena che provavi per le sofferenze dei tuoi sudditi che ti amarono davvero perchè tu davvero li amavi, il tuo peregrinare di casa in casa zuppo fino alle ossa in un inverno indimenticabile, la tua rifinita lettura di Virgilio, la tua tolleranza verso gli eretici che chiamavi dissidenti, la tua velata ironia in materia di passioni, il culto dell` amicizia come un dovere e un diritto che si esercitano per sempre. Se queste cose non bastassero, Carlo, nulla basterebbe per giustificare il tempo della vita di un uomo. Poiché non tutti siamo venuti a questo mondo affinchè si compiano le scritture. (Tratto dal libro Sigismondo di Alberto Coustè – Longanesi – Milano) Brano curato da Marcella Zaccara.